Comunicato stampa Federccaccia Friuli Venzia Giulia in relazione all’articolo apparso sul MessaggeroVeneto del 5/11/2015
Ai cacciatori
Poiché ho la ragionevole certezza che non verrà pubblicato dal MessaggeroVeneto avendomi riferito che lo ritengono un’indebita lezione di giornalismo (così mi è stato riferito) ve lo trasmetto con preghiera se ritenete di condividerlo di dare la giusta diffusione.
In termini di protesta verso il giornale vi chiedo di trasformarlo in una Vostra lettera ed inviarla alla redazione del MessaggeroVeneto ai seguenti indirizzi: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Letti i titoli ed i contenuti di quanto pubblicato dal Vostro giornale sul comunicato stampa della Federcaccia rilevo come il pensiero in esso espresso sia stato sostanzialmente modificato.
In relazione alla prima pagina ed al titolo non s’è affermato esser stato “ucciso solo un cane” così come non è stato sostenuto che “in fondo è morto un animale e non una persona”.
L’intendimento non era quello di minimizzare il fatto ma di ricondurlo nell’ambito della corretta importanza in termini di disvalore sociale.
Rimango assolutamente convinto che il rilievo dato alla vicenda, riguardante appunto un animale, non possa e non debba avere la dimensione ed importanza che gli è stata riservata.
Trovo drammatico che in un paese come il nostro l’aborto illegale sia punito in modo meno severo del matrattamento ad una bestia o che possano mettersi sullo stesso piano (dei delitti) l’omissione di soccorso verso un uomo piuttosto che verso gatto o un uccello.
In seguito all’articolo sono stato a vario titolo offeso, minacciato o deriso ovvero sono stati commessi dei reati nei miei confronti da alcuni soggetti che pretendosi paladini della giustizia e morale (in relazione agli animali) hanno violato senza alcun limite o educazione le regole ed i diritti degli uomini.
Nel Vostro sito mi ha colpito in modo particolare una frase ove c’è scritto “quando vi sparerete fra voi (cacciatori), sarà festa grande!”, e quella frase mi ha fatto tornare alla memoria un’altra frase pronunciata da un signora di Pordenone intervenuta telefonicamente ad una trasmissione televisiva che rivolgendosi al sottoscritto disse “le auguro di poter sparare ai suoi figli” e quella frase mi ha ricordato le azioni delittuose di alcuni personaggi disturbati che hanno messo a fuoco e ripetutamente danneggiato un ristorante responsabile solo di chiamarsi “al cacciatore” e quelle azioni mi hanno ricordato altre vicende ed altri reati.
Non si scopre certo ora che la nostra società sta subendo una deriva pericolosa, nella quale l’educazione, la cultura e la sensibilità lasciano sempre più di frequente il passo al rancore, alla violenza, alla demagogia populista ed alla profonda ignoranza ma devo osservare che nei confronti della caccia, o meglio nei confronti degli uomini che praticano la caccia, sempre meno sono le persone ed i giornali che cercano di costruire degli argini di normalità.
Il valore della vita di un animale è nell’immaginario collettivo di alcuni un valore più grande della vita di un uomo al punto da rivendicare la sopravvivenza di un cane augurando la morte di un individuo. E’ morto un cane e si sprecano le pagine dell’informazione quando contestualmente nell’indifferenza decine di persone perdono il lavoro, gli ospedali vengono chiusi ed i servizi sociali dimezzati.
Un cane non è una persona e la sua uccisione non è il dramma che si è voluto dipingere di questo sono profondamente convinto
Avv.Paolo Viezzi
Presidente Regionale della Federazione Italiana della Caccia